Scrivere per il web: 3 cose che un copywriter non dovrebbe mai fare

Scrivere per il web: 3 cose che un copywriter non dovrebbe mai fare 150 150 Anna Lisa Di Vincenzo

Trovarsi davanti un foglio bianco o un cursore lampeggiante può creare la stessa ansia da ispirazione, ma ci sono differenze sostanziali nella stesura: in questo articolo ti dirò cosa devi assolutamente evitare se vuoi scrivere per il web.

Diversamente da quanto prospettato da molti linguisti del ‘900, la scrittura non è morta con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, anche se si è certamente modificata: chi si occupa di copywriting si trova a dover lavorare su molti spazi virtuali, come siti, blog aziendali e piattaforme social. I principi dietro la tastiera sono sempre gli stessi: 3 sono quelli che ogni copywriter deve perseguire, non facendo quello che sto per dirti.

1. Scrivere testi lunghi e compatti

La prima cosa che proviamo davanti a un blocco di testo compatto, senza capoversi, spazi, immagini, è lo sconforto. Tutti, anche i più intellettuali.

In gergo tecnico si parla di wall of text, muro di testo: una scelta di parole che ci dà proprio l’impressione di uno spazio insormontabile, che non si può spezzare, nel quale non si può penetrare. Molto spesso a questo aspetto compatto e statico corrisponde un articolo ripetitivo, pesante e poco chiaro.

Infatti quando parliamo di scrittura e lettura on screen è importante tener conto della legibility: con questo termine si indica proprio la leggibilità, intesa come chiarezza visiva del contenuto. Ci riferiamo quindi al design del testo, a formati, colori e spazi.

  • Usa un carattere facilmente leggibile, preferibilmente con bastoni, di un colore che crei contrasto con lo sfondo.
  • Dai respiro al testo e guida il lettore: usa un’interlinea giusta, dividi il testo in paragrafi, sfrutta gli elenchi puntati, usa dei sottotitoli e il grassetto ad indicare le parole-chiave.

Per chi scrive online, la forma conta tanto quanto il contenuto: l’utente che si trova davanti un testo visivamente non chiaro, non dotato appunto di legibility, abbandonerà la pagina ancor prima di arrivare a capire di cosa stiamo parlando. Quindi il post lungo, per un approfondimento sul blog ad esempio, è una strada percorribile a patto di saper dare una struttura adeguata al testo.

2. Usare un linguaggio troppo forbito e ridondante

A scuola ci insegnano che scrivere bene significa scrivere in modo complesso, incollando coordinate su subordinate, forme passive con gerundi: dimentichiamo tutto ciò.

Scrivere bene significa saper trasmettere un messaggio – come esposto nel modello di Shannon e Weaver – e saperlo adattare al mezzo, al destinatario e al contesto in cui ci muoviamo, come sottolinea la pragmatica. Quindi lasciamo il burocratese e il politichese in soffitta e utilizziamo l’italiano per raccontare qualcosa ai nostri lettori: parliamo in questo caso dell’indice di readability, cioè una misurazione della complessità del lessico e della sintassi di un testo. Più il nostro copy sarà liscio, frutto di parole semplici e pregnanti e con una struttura logica diretta, più i contenuti arriveranno in modo chiaro e comprensibile ad un pubblico vasto.

  • Usa un “linguaggio democratico”, come lo definì De Mauro: non servono paroloni complessi per esprimere un concetto o far sfoggio della propria cultura.
  • Adotta la strategia della brevità: frasi corte, coordinazione tra le parti, parole non troppo lunghe e tecniche, ma soprattutto occhio alla punteggiatura.
  • Scegli sempre le forme attive, elimina avverbi inutili, aggettivi in eccesso, parole abusate, gerundi e tempi verbali complessi.
  • Abolisci completamente parentesi e incisi: da usare solo se necessari, altrimenti creano un inciampo alla lettura dell’utente e invece di chiarire il concetto lo annebbiano.

Siamo già passati al secondo step, quello della forma linguistica: elimina l’eccesso e ciò che non è realmente necessario all’utente. Dopotutto non ha scelto di leggere l’Ulisse di Joyce, ma una pagina del sito aziendale, una scheda prodotto o un post dal blog.

Ricorda sempre che, nella scrittura, “less is more”.

3. Veicolare contenuti noiosi, troppo tecnici e poco interessanti

A questo punto subentra la cosiddetta comprehension: cioè la creazione di un testo chiaro, comprensibile, che stimoli il lettore a saperne di più e a leggere interamente il contributo.

  • Le prime parole di un qualsiasi testo funzionano da amo: che sia il titolo di un articolo, le prime righe della Pagina Chi Siamo di un sito o l’incipit di un post su Facebook, da questo dipende la conquista di un nuovo lettore. Oltre alla scelta di un tema interessante è importante trovare anche la giusta chiave di lettura, la prospettiva che invogli maggiormente l’utente ad approfondire l’argomento. Attenzione a mantenere però sempre coerenza tra anticipazioni e svolgimento, altrimenti la loyalty dell’utente sarà solo un lontano miraggio.
  • Al centro della tua scrittura deve esserci il destinatario: il target è fondamentale per la definizione del cosiddetto Tono di Voce. Se mi rapporto ad altri professionisti del mio stesso settore – ad esempio scrivo su LinkedIn – posso affrontare temi più tecnici e usare un gergo più specialistico; se invece sul Blog di un Odontoiatra voglio spiegare come curare una carie ai miei follower, userò sì i termini corretti, ma la forma sarà molto più accessibile.
  • Non dare troppe informazioni in un’unica soluzione: non esagerare nel “tramandare” troppe conoscenze a chi è davanti lo schermo. Pochi concetti espressi in modo chiaro danno più risultati e sono più apprezzati.
  • Sfrutta anche il linguaggio visivo: inserire in un post sui social o in un articolo sul blog, un’immagine, un’infografica o un diagramma, è molto utile. Ricordiamoci sempre che la presa del visual è molto più immediata ed emotiva di un qualsiasi testo: quindi non demonizziamo l’uso dell’immagine, ma integriamolo nella nostra strategia di scrittura. Ovviamente i due sistemi devono essere coerenti e utili, legati al classico ma immortale principio di ancoraggio di Barthes.
  • Dai effettivamente qualcosa al lettore: i contenuti, che siano leggeri, piacevoli da acquisire, magari anche divertenti, devono però essere corposi. Come abbiamo già anticipato devo portare un messaggio al mio destinatario, devo fornirgli qualcosa che gli sia utile, qualcosa che prima non sapeva. Ragionando in una logica più aziendale e commerciale ottengo anche io qualcosa, grazie a una CTA conseguente, in termini di vendite, branding, visibilità ed engagement.

Ciò che deve essere sempre al centro della tua scrittura, anche e soprattutto online, sono le persone: ci sono donne e uomini in carne e ossa davanti allo schermo che devono voler leggere quello che tu hai creato, e trarne qualcosa.

Il principio base da seguire è sempre stato e sarà sempre questo: dopotutto lo storytelling non è che l’ultimo strumento dell’homo narrator.

Vuoi costruire un’identità aziendale unica, comunicare con le giuste parole, individuare i tuoi migliori clienti e trovare nuovi modi per acquisirne di più? Allora scopri subito il nostro Metodo Human Marketing!